DSA – BES E GIURISPRUDENZA

DSA – BES E GIURISPRUDENZA

 

Rassegna di sentenze

 

A seguire una rassegna di delibere, sentenze, note che nel corso del tempo hanno contribuito a delineare i margini di discrezionalità delle azioni della scuola; le sentenze, per via indiretta, hanno definito dettagli che nella normativa non erano chiari. Come insegnante e Referente, ho ritenuto necessario condividere con i colleghi le informazioni più rilevanti per la stesura di procedure unitarie di presa in carico, per questo ho raccolto nel tempo stralci di sentenze relative ad alunni con DSA e ad alunni con altri Bisogni Educativi Speciali.

 

ALUNNI CON DSA

 

SENTENZA N.329 DEL 13/10/’11 – Tar dell’Umbria.

Il TAR, per la prima volta, ha rigettato il ricorso contro la non ammissione agli esami di un alunno certificato con DSA ,frequentante la classe terza di un istituto di scuola superiore.

La dialettica processuale ha evidenziato come l’Amministrazione scolastica abbia potuto dimostrare di aver applicato tutte le norme relative alle misure compensative e dispensative , ai tempi più lunghi ed all’uso del computer col correttore automatico e della calcolatrice. Pertanto, smontate tutte le censure sulla violazione della normativa di tutela degli alunni con DSA, il TAR ha confermato il provvedimento di non ammissione agli esami, addebitando esclusivamente allo scarso impegno dell’alunno la sua non ammissione. Si tratta di una sentenza normale, che però, in queste circostanze, assume il carattere di una decisione esemplare, per ridare serenità alla scuola ed il giusto peso all’effettiva tutela dei diritti degli alunni con DSA nei soli casi in cui tali diritti siano correttamente esercitati e non abusati per coprire scarso impegno apprenditivo. Meritano di essere sottolineate le rispettive motivazioni.

Nella memoria depositata dalla famiglia si contesta:

  • La violazione della L.170 in merito al PDP: esso sarebbe stato redatto in forma standardizzata e non personalizzata e le misure previste non sarebbero state adottate in forma organica da tutti gli insegnanti;
  • La scuola non ha dato comunicazioni tempestive sulla situazione dell’alunno, impedendo alla famiglia di attivare misure di recupero;
  • Non sono state rispettate le misure specifiche per la valutazione scritta ed orale né nella predisposizione delle lezioni, in particolare non garantendo l’uso della registrazione audio per le lezioni.

L’Amministrazione scolastica risponde ALLEGANDO I VERBALI DEL CONSIGLI DI CLASSE,

  1. dimostrando che sono state attuate prove differenziate per TUTTE le materie;
  2. che nella valutazione si sono applicate tutte le misure previste dal PDP;
  3. che le difficoltà di apprendimento e le carenze erano state segnalate e verbalizzate nel corso dei Consigli di Classe, durante la consegna delle comunicazioni  interquadrimestrali  alla famiglia e attraverso lettera PROTOCOLLATA ai genitori, nonché ripetuti colloqui verbali REGOLARMENTE REGISTRATI.

 

SENTENZA N. 101 DEL 16-01-2009 – Tar Lombardia.

 

La valutazione dell’alunno da parte del Consiglio di Classe è ampiamente discrezionale, ed è riferibile alla media aritmetica dei voti, alla personalità dell’alunno ed alla sua capacità di affrontare gli anni successivi. L’attività di recupero può essere effettuata attraverso lo “sportello”. In sede di scrutinio finale, la valutazione del rendimento degli alunni da parte del Consiglio di Classe assume carattere di ampia discrezionalità, sindacabile entro i limiti del difetto di motivazione, di istruttoria e di illogicità manifesta. In tale sede l’attribuzione finale del voto  è il risultato di una complessiva valutazione riferita non solo alla semplice media aritmetica dei voti, ma anche alla personalità dell’alunno ed alla sua complessiva capacità di affrontare gli anni scolastici successivi a quello appena frequentato. Il cosiddetto “sportello” costituisce attività di recupero cui possono accedere su base volontaria gli studenti in difficoltà, che non possono tuttavia dolersi qualora non si siano avvalsi di tale opportunità.

 

LA VALUTAZIONE DEGLI STUDENTI CON DSA.

 

Dalla normativa:

Art. 10 comma 1 del D.P.R. n. 122 del 2009: «Per gli alunni con difficoltà specifiche di apprendimento (DSA) adeguatamente certificate, la valutazione
e la verifica degli apprendimenti, comprese quelle effettuate in sede di esame conclusivo dei cicli, devono
tenere conto delle specifiche situazioni soggettive di tali alunni; a tali fini, nello svolgimento dell’attività
didattica e delle prove di esame, sono adottati, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a
legislazione vigente, gli strumenti metodologico-didattici compensativi e dispensativi ritenuti più idonei».
Inoltre, al comma 2 dello stesso articolo, si precisa che «nel diploma finale rilasciato al termine degli
esami non viene fatta menzione delle modalità di svolgimento e della differenziazione delle prove» .

Art. 6 del D.M. n. 5669 del 12 luglio 2011 (Forme di verifica e di valutazione)
«Le Istituzioni scolastiche adottano modalità valutative che consentono all’alunno o allo studente con DSA di dimostrare effettivamente il livello di apprendimento raggiunto mediante l’applicazione di misure che determinino le condizioni ottimali per l’espletamento della prestazione da valutare – relativamente ai tempi di effettuazione e alle modalità di strutturazione delle prove – riservando particolare attenzione alla padronanza dei contenuti disciplinari, a prescindere dagli aspetti legati all’abilità deficitaria» (comma 2).
Inoltre «sulla base del disturbo specifico, anche in sede di esami di Stato, possono riservare ai candidati tempi più lunghi di quelli ordinari» e assicurano «l’utilizzazione di idonei strumenti compensativi» (comma 3). Allo stesso modo anche per le «per le prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale programmati a livello nazionale o da parte delle università» (comma 8).
Infine, al comma 5 si prevede la dispensa dalle prestazioni scritte in lingua straniera in corso d’anno scolastico e in sede di esami di Stato, nel caso in cui ricorrano tutte le seguenti condizioni: certificazione di DSA attestante la gravità del disturbo e recante esplicita richiesta di dispensa dalle prove scritte; richiesta di dispensa dalle prove scritte di lingua straniera presentata dalla famiglia o dall’allievo se maggiorenne; approvazione da parte del consiglio di classe che confermi la dispensa in forma temporanea o permanente.

 

L’USR del Piemonte in una sua recente nota del 2014, ha commentato la normativa, affermando la necessità «che emerga dalle attività connesse agli scrutini, la rilevanza del disturbo specifico nel giudizio finale; infatti gli strumenti compensativi e le misure dispensative incidono nel corso dell’anno scolastico nell’attività didattica e nel processo di apprendimento, ma dovrà anche essere prestata la necessaria attenzione ai processi di valutazione intermedi e finali. La valutazione degli insegnanti deve, anche secondo la giurisprudenza, infatti, discriminare fra ciò che è espressione diretta del disturbo e ciò che esprime l’impegno dell’allievo e le conoscenze effettivamente acquisite».
Infine va ricordato l’art. 18 dell’Ordinanza Ministeriale n. 33/2014, nella quale vengono sostanzialmente confermate, per ciò che concerne gli strumenti compensativi e le misure dispensative, le precedenti disposizioni dedicate agli studenti con DSA in sede d’esame di Stato.

In base agli art. 3, 4 e 5 del D.M. n. 5669/2011:  le istituzioni scolastiche sono tenute a elaborare e a realizzare percorsi formativi personalizzati, che tengano conto delle esigenze e delle potenzialità di ciascuno studente.

 

TAR del Lazio sentenza n. 31203/2010.


«Ė illegittimo per difetto di motivazione il giudizio negativo formulato dal consiglio di classe in ordine alla
promozione alla classe successiva di un alunno, allorché, in presenza di un accertato disturbo specifico di
apprendimento da cui lo stesso sia affetto (nel caso, dislessia), abbia omesso di fare menzione e di valutare il rilievo di tale situazione, ai fini del giudizio sui risultati raggiunti dall’alunno». Detto obbligo comporta che il Consiglio di classe, «nella formulazione del proprio giudizio, deve menzionare la particolare situazione dello studente (…) e valutarla nella sua globalità. Non sono, invece, ammesse formule generiche, del tipo che la mancata ammissione viene deliberata al fine di permettere all’alunno di consolidare le conoscenze e competenze di base nelle discipline in cui ha manifestato maggiori difficoltà».

 

TAR del Lazio, ordinanza n. 3616/2010.

La sentenza  ha accolto l’istanza cautelare di ammissione con riserva all’esame di licenza media di un alunno con DSA «considerato che dall’esame del verbale di non ammissione risulta che il Consiglio di Classe ha dato atto di essere a conoscenza e di avere considerato le cartelle cliniche dello scolaro ma che da tale scarna e generica affermazione – peraltro contrastante con le affermazioni del D.S. – non è dato evincere quali motivate scelte didattiche siano state operate in costanza di tale peculiare situazione oggettiva, in presenza della quale l’ordinamento prevede la predisposizione di prove differenziate oltre che l’utilizzo di strumenti compensativi e misure dispensative».

 


TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza breve n. 420 del 12 ottobre 2011.

In altri casi, i giudici amministrativi hanno accolto il ricorso dei genitori avverso un giudizio negativo del consiglio di classe poiché «la valutazione finale non risulta aver adeguatamente ponderato l’effettiva pregnanza dei DSA di cui soffre l’alunno, ritenendolo fondato».  «La scuola deve, non solo predisporre gli strumenti compensativi e dispensativi adeguati al caso concreto mediante l’adozione di un Piano Didattico Personalizzato, ma, in sede di scrutino finale, deve valutare lo studente alla luce dello specifico percorso predisposto e in correlazione con il disturbo che lo caratterizza».

 

 

TAR Campania, sentenza n. 2404/2014.
La sentenza segnala il mancato svolgimento di «una effettiva analisi circa l’incidenza causale del DSA sul rendimento dell’alunno, di modo che il giudizio conclusivo manca di quella individualizzazione e personalizzazione che, richieste per ciascuno studente, lo sono a maggior ragione per quelli affetti da disturbi dell’apprendimento».

 

Consiglio di Stato, sentenza n. 3593/2012.
«La genericità della deliberazione di non ammissione alla classe e l’omissione di ogni considerazione delle condizioni dell’alunno comporta la necessità di annullamento del giudizio finale»; infatti, «gli elementi portati a motivazione del negativo giudizio (attenzione didattica mirata al conseguimento degli obiettivi minimi e socio-educativa finalizzata al rispetto delle regole scolastiche, negativo commento sulle effettive possibilità che lo studente abbia di recuperare in tempi brevi i debiti formativi per poter affrontare responsabilmente l’anno scolastico successivo) presentano, evidentemente, un vizio motivazionale di fondo, per non tenere in alcuna considerazione il percorso scolastico dell’alunno ed i risultati conseguiti in rapporto alla patologia certificata in base ad una diagnosi specialistica».

 

TAR Lazio, sentenza n. 8752/2012.


Il Consiglio di Classe «deve tenere espresso conto, in sede di formulazione del giudizio finale, di tutti gli altri elementi di valutazione imposti dalla legge, diversi (dislessia) da quello prettamente tecnico dell’esito dei risultati tecnici conseguiti»: nella fase valutativa, occorrerà quindi «far menzione e di valutare nella sua globalità la particolare situazione dell’alunno (dislessia)», eventualmente enucleando «specificatamente le ragioni per le quali la valutata situazione di dislessia consigliasse la bocciatura anziché la promozione dell’interessato».

 

TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza breve n. 9/2012.
Il ricorso presentato dai genitori contro la valutazione conseguita dai propri figlio è stato respinto, poichè, «ove sia dimostrato che la scuola ha posto in essere gli adempimenti ritenuti necessari per far fronte alle necessità scolastiche di un alunno affetto da DSA, è legittimo il giudizio di non ammissione alla classe successiva che abbia riportato una grave insufficienza a seguito della verifica di recupero del debito formativo nella materia caratterizzante l’indirizzo di studio; infatti la legge 170/2010 è finalizzata a garantire il successo formativo e non a garantire sempre e comunque la promozione alla classe successiva».

 

TAR Puglia, sentenza breve n. 2027/2011.
«È immune da vizi il provvedimento di non ammissione alla classe terza di un’alunna di scuola media, (…) in quanto la circostanza, addotta dalla ricorrente, secondo cui lo scarso rendimento deriverebbe da disturbi specifici di apprendimento (DSA) dell’allieva, invero non trova riscontro nella certificazione medica, che diagnostica altre patologie. Ne consegue che la valutazione insufficiente (…) non può essere messa in relazione alla mancata adozione da parte della scuola degli strumenti didattici, compensativi e dispensativi previsti dalla legge in presenza di un disturbo specifico di apprendimento (che nel caso di specie non sussiste), ma piuttosto può essere attribuita al lungo percorso terapeutico intrapreso dalla minore».

 

Tar Lazio, sentenza n. 3465/2014.
«La determinazione di mancata promozione di uno studente alla classe superiore è assunta dal consiglio di classe nell’esercizio della sua discrezionalità tecnica, sulla base di giudizi analitici formulati in ciascuna materia dai rispettivi docenti, dai quali emerge una globale valutazione sul livello di apprendimento e di preparazione nel complesso raggiunto dall’alunno. Tale apprezzamento è, quindi, insindacabile, in sede di legittimità, se non nei ristretti limiti dell’ illogicità e della contraddittorietà manifeste, in quanto, diversamente opinando, l’adito giudice amministrativo finirebbe per invadere indebitamente l’area del merito valutativo riservata al succitato organo tecnico. Nella fattispecie, peraltro, i criteri previamente adottati per non deliberare la promozione espressamente prevedevano la presenza di “tre insufficienze gravi, di cui una nell’area di indirizzo”. Conseguentemente, deve ritenersi che l’amministrazione scolastica
legittimamente abbia deliberato la mancata ammissione dell’alunna alla classe successiva».

 

TAR Piemonte, sentenza n. 1270/2014
«La valutazione degli insegnanti deve (…) discriminare fra ciò che è espressione diretta del disturbo e ciò che esprime l’impegno dell’allievo e le conoscenze effettivamente acquisite». Questo solo nel caso in cui non risulti apprezzabile «alcuna omissione da parte dell’istituzione scolastica, tale da condizionare il grado di apprendimento» raggiunto dallo studente e, di conseguenza, «il giudizio finale espresso nei suoi confronti, anche avuto riguardo:
– agli obiettivi minimi stabiliti da ciascun docente nel proprio piano lavoro;
– alle misure compensative e/o dispensative poste in essere con “flessibilità” dai docenti, all’esclusivo fine di garantire lo sviluppo armonioso della sua personalità, limitando, al contempo, la sensazione di disagio e diversità rispetto agli altri studenti (in tal senso: l’utilizzo della calcolatrice in matematica esteso all’intera classe, la valutazione prevalentemente orale in inglese, la valutazione sui contenuti ed il margine di tolleranza per gli errori di forma in italiano, l’elasticità dei tempi di consegna per le verifiche scrittografiche e dei tempi di lavori nelle prove di laboratorio);
– all’andamento complessivo del suo rendimento scolastico».

 

TAR Piemonte, sentenza n. 198/2014
Gli ausili compensativi e dispensativi previsti dalla legge sono stati ideati «al fine di consentire ai soggetti affetti da disturbo di esprimere al meglio le proprie capacità, consentendo (anche solo in ipotesi) un percorso di apprendimento più efficiente. Si tratta di precetti che, al fine precipuo di favorire il successo scolastico attraverso misure didattiche di supporto, intendono garantire una formazione adeguata,
promuovere lo sviluppo delle potenzialità dell’individuo e ridurre i disagi relazionali ed emozionali. Tuttavia, come chiarito anche nelle linee giuda, le misure citate non sono deputate a creare percorsi immotivatamente facilitati che non conducono al reale successo formativo degli studenti con disturbo; esse, inoltre, debbono essere sempre calibrate in vista dell’effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni richieste, in modo tale, comunque, da non differenziare, in ordine agli obiettivi, il percorso di apprendimento dell’alunno o dello studente in questione».

 

LA MANCATA ADOZIONE DEL PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO


Sentenze che affrontano il tema della stesura ed adozione del PDP, quando cioè l’istituzione scolastica non adotta il Piano Didattico Personalizzato, così come previsto dall’art. 5 del D.M. n. 5669/2011, con la conseguente predisposizione di adeguati strumenti compensativi e di idonee misure dispensative.


TAR sezione autonoma di Bolzano, sentenza n. 122/2011.
Ha dichiarato illegittimo il provvedimento di non ammissione di uno studente con DSA alla classe successiva in relazione alla
mancata adozione del PDP da parte della scuola; così come per omessa definizione e attuazione degli strumenti compensativi e delle misure dispensative; difetto di rapporti collaborativi con A.S.L. e famiglia. Nella motivazione si precisa che: «se in presenza di un alunno con disturbi specifici di apprendimento la scuola non rispetta le indicazioni studiate da esperti del settore e trasposta in leggi, regolamenti e circolari e note ministeriali, per sopperire a tali difficoltà con misure di sostegno individualizzate, che sicuramente implicano un maggior impegno per gli insegnanti, la valutazione finale del consiglio di classe è
inutiliter data”, perché non supportata da quel percorso pedagogico specifico che consente all’alunno in questione di far emergere le proprie competenze ed agli insegnanti di valutarlo con l’ausilio degli strumenti appropriati».


TAR del Molise (sentenza breve n. 612/2013.

La sentenza ha annullato il provvedimento di non ammissione alla classe successiva adottato dal Consiglio di classe nei confronti di un alunno dislessico, perché non era stato redatto per tempo il PDP: infatti quest’ultimo «non reca alcuna data, né ha un numero di protocollo, talché si può supporre sia stato redatto solo di recente; anche a voler concedere che la redazione risalga al marzo 2013, sarebbe comunque un piano didattico tardivo, poiché redatto soltanto due mesi prima della fine dell’anno scolastico».


TAR Lombardia, sentenza n. 2356/2014.


I giudici amministrativi hanno annullato il giudizio di mancata ammissione alla classe successiva di uno studente perché «l’ Istituto resistente ha omesso di predisporre il Percorso educativo personalizzato relativo all’alunno ricorrente e, comunque, nel corso dell’anno scolastico non sono stati adottati sufficienti strumenti, (…) per mettere in condizione il predetto studente, affetto da Disturbi specifici dell’apprendimento, di poter seguire proficuamente e con successo il corso di studi, come stabilito dalla
normativa di settore».


TAR Lombardia Ordinanza n. 371/2014.
I giudici amministrativi hanno annullato alcune votazioni ritenute insufficienti conseguite da un ragazzo con DSA perché l’ istituto scolastico non aveva approvato il Piano Didattico Personalizzato. Per questo, «ritenuto che allo stato la valutazione negativa del primo quadrimestre non è lesiva in quanto lo studente può recuperare le lacune accumulate a condizione che la scuola provveda ad approvare il suddetto piano ed attuarlo anche per il passato», il TAR ha ordinato all’Istituto scolastico di approvare il Piano Didattico Personalizzato entro 15 giorni dal ricevimento dell’ordinanza e di dare attuazione alle sue previsioni
anche in via retroattiva.
La decisione è particolarmente significativa perché per la prima volta un istituto scolastico è stato condannato, durante il corso dell’anno scolastico, ad annullare le verifiche sostenute con esito negativo da un alunno con DSA, in quanto effettuate senza rispettare la normativa vigente in materia.

 

LA MANCATA ATTUAZIONE DEL PIANO DIDATTICO PERSONALIZZATO.
L’adozione di un Piano Didattico Personalizzato costituisce una condizione necessaria, anche se non ancora
sufficiente, per una compiuta personalizzazione del percorso di apprendimento dello studente con DSA.
Il PDP deve essere adeguatamente attuato, attraverso la predisposizione degli strumenti compensativi e delle misure compensative ivi previste, con un conseguente approccio capace di incidere anche sull’intero ambiente di apprendimento e sul complessivo rapporto scuola-famiglia.


TAR Lombardia, sentenza n. 2251/2008.
I giudici hanno accolto il ricorso di una studentessa che, non avendo superato l’esame di stato conclusivo di un corso di studi di istruzione secondaria superiore, accusava la commissione di non aver tenuto conto della sua condizione di studentessa con disortografia, disgrafia e discalculia e di non aver consentito l’utilizzo di strumenti compensativi (nello specifico l’utilizzo di un computer con correttore ortografico): «la mancata predisposizione di questi presidi durante la frequenza del corso di studi da parte del
liceo (…) ha portato la Commissione di esame ad una sottovalutazione delle difficoltà della ricorrente nell’affrontare le prove di esame cosicché nessuno strumento agevolativo è stato adottato per superare gli specifici handicap della stessa né sono stati adottati criteri particolari per la valutazione dell’esito delle prove. Deve pertanto essere annullato il provvedimento con cui si è dichiarato che la ricorrente
non aveva superato l’esame di Stato conclusivo del corso di istruzione secondaria superiore e la Commissione dovrà nuovamente far sostenere alla ricorrente le prove di esame tenendo conto di quanto prevedono le disposizioni ministeriali per le persone che presentano i disturbi di cui soffre la ricorrente stessa».

 

TAR Lazio, sentenza n. 408/2014.
I giudici hanno accolto il ricorso dei genitori di uno studente di una scuola secondaria di II grado poiché si è ritenuto che l’Istituto scolastico non avesse applicato in concreto alcuna delle misure dettate dalla vigente normativa a sostegno degli allievi con DSA e inserite nel PDP adottato.
Questa decisione appare utile per l’emergere di alcuni indicatori utilizzati dal collegio giudicante per verificare l’effettiva applicazione delle misure dispensative e degli strumenti compensativi previsti dal PDP e dalla normativa vigente.
Il PDP prevedeva «per la materia “Italiano”, tra le misure dispensative, la non valutazione degli errori ortografici commessi dal minore (…) in occasione delle verifiche scritte»; però «il giudizio sul compito di Italiano del 21 dicembre 2012 è il seguente: “I testi presentano numerosi errori ortografici e varie espressioni ripetitive o poco appropriate”».
«Nell’occasione in esame, non solo gli errori ortografici commessi dal minore sono stati valutati dal docente, ma che essi hanno concorso a formare il voto finale complessivo della prova sostenuta: il tutto in manifesta contraddizione con le prescrizioni del PDP, che in detta occasione è rimasto, perciò, “sulla carta”, senza ricevere alcuna effettiva applicazione».
La mancata concreta applicazione di prescrizioni del PDP non ha costituito un episodio isolato, poiché lo stesso Piano «per la materia “Matematica”, ha previsto “in ogni occasione” la fornitura all’alunno di testi scritti composti con carattere “Arial” o “Comic”, in corpo “12/14”, e cioè di testi che, per tipologia del carattere usato e dimensioni dello stesso, fossero più agevolmente comprensibili dallo studente. La documentazione prodotta, tuttavia, dimostra come non sempre tale prescrizione
sia stata rispettata».
Allo stesso modo, per le verifiche scritte in lingua straniera (Inglese) il PDP prevedeva l’uso di domande a scelta multipla, ma l’ esame della documentazione dimostra, tuttavia, «che solo in rare occasioni lo studente ha potuto fruire di domande a scelta multipla, mentre negli altri casi le prove a cui è stato sottoposto non contenevano né questa, né altre modalità agevolative».


TAR Friuli Venezia-Giulia, sentenza n. 350/2014.
«Risulta dirimente che lo studente (…) abbia sostenuto lo stesso numero di verifiche scritte dei compagni di classe, in luogo della prevista prevalenza di quelle orali, e ancor più senza beneficiare in tutte le occasioni di un aumento del tempo a disposizione ovvero di una semplificazione delle prove. (…) Emerge, inoltre, che al ragazzo siano stati assegnati gli stessi compiti per casa del resto della classe, mentre ne era prevista una riduzione per ovviare all’ affaticamento che provoca il DSA. La circostanza è, infatti, ammessa dall’Amministrazione che la giustifica con la necessità di non differenziare lo studente rispetto agli altri allievi, non considerando che è proprio il DSA a determinare tale differenziazione».

 

In sintesi
La giurisprudenza amministrativa ha finora generalmente ritenuto che la mancata attivazione delle misure
dispensative e degli studenti compensativi determini l’illegittimità del provvedimento di valutazione negativa emesso nei confronti di uno studente con DSA. Fondamentale è quindi la concreta attuazione di quanto previsto nel PDP.

 

L’IMPORTANZA DEL VERBALE DEL CONSIGLIO DI CLASSE


TAR Lombardia, sentenza n. 2462/2012.
«È legittimo il giudizio di non ammissione alla classe successiva di un’alunna affetta da DSA laddove risulti dal verbale del Consiglio di classe costituente atto pubblico e come tale non contestabile se non mediante la proposizione di querela di falso, che all’alunna sono stati concessi strumenti compensativi e misure dispensative (nella specie: uso di mappe concettuali e di schemi; interrogazioni programmate, maggior tempo per le verifiche; utilizzo della calcolatrice non programmabile; dispensa dalla lettura a voce alta; dispensa dalla scrittura veloce sotto dettatura; non valutazione dell’ortografia)».

 


TAR Umbria, sentenza n. 329/2011.


I giudici hanno respinto il ricorso dei genitori contro la non ammissione agli esami di un alunno certificato con DSA, addebitando esclusivamente allo scarso impegno dell’alunno la sua non ammissione.
L’amministrazione scolastica, allegando i verbali dei consigli di classe, era riuscita a dimostrare che erano state attuate prove differenziate per tutte le discipline; che nella valutazione erano stati applicati tutti gli strumenti e tutte le misure previste dal PDP; che difficoltà di apprendimento e le carenze erano state segnalate e verbalizzate nel corso dei Consigli di Classe, durante la consegna dei pagellini e attraverso lettera protocollata ai genitori nonché ripetuti colloqui verbali regolarmente registrati.

 

TAR Lazio, sentenza n. 11/2013.
I giudici amministrativi hanno annullato il provvedimento di non ammissione alla classe terza di uno studente con DSA poiché ha ravvisato gli estremi della carenza e della apoditticità nella motivazione di tale decisione nel verbale: infatti, «non è dato rilevare (…) quali sono stati gli ausili didattici posti a disposizione dell’alunno per la prova scritta di matematica, quali siano state in particolare le misure compensative e dispensative delle quali il giovane sia stato posto in condizione di servirsi, per come previsto pure dal Piano Didattico Personalizzato ai punti 10 e 11».
Pertanto, concludono i giudici, «la motivazione del verbale risulta del tutto generica a fronte della grave conseguenza portata dalla non ammissione alla classe terza dell’alunno».

 

 

ALUNNI CON BES

TAR Lazio, n. 9261/2014

I giudici hanno annullato la non ammissione di un alunno all’anno successivo della scuola primaria, in seguito al ricorso dei genitori che eccepivano la mancata considerazione nella valutazione finale del disagio della situazione familiare.

La scuola, pur conoscendo la situazione familiare del bambino (figlio di una cittadina peruviana e di padre italiano, con notevoli difficoltà economiche) non ha messo in relazione le evidenti difficoltà espressive del minore con la sua complessiva situazione familiare, così come argomentato dai giudici: «la circostanza,posta in evidenza nel verbale n. 11 dell’8 novembre 2012, che le difficoltà cui andava incontro il bambino sono emerse dai suoi lavori, che “giorno dopo giorno, hanno evidenziato una grafia sempre meno comprensibile” consente di ritenere che la situazione scolastica dell’alunno non presentasse quella eccezionalità tale da consentirne la bocciatura, proprio a causa dell’ingravescenza della stessa, come confermata dal verbale finale del primo quadrimestre del 16 gennaio 2013 laddove si legge che, mentre nei precedenti anni scolastici fino alla terza elementare il bambino aveva una scrittura lineare ora sta “vivendo una situazione particolare, un disagio familiare che sta trasferendo nel suo apprendimento».

 

TAR Lazio, n. 7024/2014

 

I giudici hanno riscontrato la «totale assenza della scuola nella predisposizione di adeguati mezzi di

sostegno   relazionale   e   prestazionale,   attraverso   percorsi   e   strumenti   di   sistematica   formazione

aggiuntiva e integrativa idonei a recuperare le macroscopiche carenze didattiche», dopo aver sottolineato

che lo studente minorenne in questione proviene «da un contesto sociale e familiare particolarmente disagiato e versa pertanto in una situazione di marginalità, anche culturale, acuita da una condizione di precarietà psico-fisica che avrebbe dovuto indurre l’istituzione scolastica ad attivare percorsi didattici personalizzati, tenuto conto della particolare valenza educativa e formativa dell’istruzione di I grado».

 

 

TAR Toscana, n. 529/2014

La valutazione dello studente con BES

I giudici hanno annullato il provvedimento di non ammissione, poiché tale giudizio non reca traccia dell’impiego dell’applicazione degli ausili deliberati dal Consiglio di Classe, «così come non reca traccia di considerazione della condizione patologica dell’alunno, sebbene lo stesso Consiglio di classe se ne fosse espressamente fatto carico».

Anche in assenza di un’adeguata certificazione medica, i giudici hanno identificato «proprio nella violazione dell’ autovincolo assunto dal Consiglio di classe (…) l’illegittimità del provvedimento: infatti, una volta riconosciuta la condizione dello studente come alunno con BES, ancorché in presenza di una certificazione sanitaria non rispondente ai requisiti indicati dalla legge, il Consiglio di classe avrebbe dovuto coerentemente orientare le proprie valutazioni».

La decisione di non menzionare in motivazione il disturbo dell’apprendimento, non si giustifica «in virtù dell’ assenza di una idonea documentazione sanitaria, giacché se è vero che la presenza di una diagnosi (…) effettuata nell’ambito dei trattamenti specialistici assicurati dal SSN (art. 3 della legge 170/2010) rende obbligatoria l’ applicazione delle misure educative e didattiche di supporto allo studente previste dalla legge, l’assenza di una certificazione siffatta non impedisce comunque al corpo docente, nell’esercizio della propria discrezionalità, di prendere in esame le peculiari condizioni di un allievo documentate in altra forma, onde personalizzare al meglio il giudizio».

 

 

DISTURBO DA DEFICIT DELL’ATTENZIONE (ADHD/ADD)

 

TAR Lazio, n. 10817/2014

Si è giudicato illegittimo il giudizio negativo formulato dal Consiglio di Classe in ordine alla promozione alla classe successiva dello studente «per difetto di motivazione (…) allorché, in presenza di accertati disturbi specifici di apprendimento da cui lo stesso sia affetto, abbia omesso di far menzione e di valutare la rilevanza di tale situazione in sede di emissione di giudizio sui risultati raggiunti da un alunno».

 

TAR Lombardia, Ordinanza sospensiva, n. 1095/2014.

A considerazioni opposte sono invece giunti i giudici amministrativi della Lombardia che, hanno respinto l’istanza cautelare dei genitori ricorrenti, in quanto «in caso di BES non è obbligatoria la redazione del piano didattico personalizzato; la predisposizione di un piano di gruppo è quindi atto pienamente soddisfacente gli obblighi di legge; la certificazione presentata dai genitori durante l’anno non attesta una situazione di DSA; risulta provato che la scuola si è fatta carico delle specifiche esigenze formative del minore».